Due milioni di euro nelle slot, è allarme sociale a Canepina
I dati ufficiali relativi al 2016 diffusi dal ministero delle Finanze e pubblicati da Repubblica Il Comune può vietarne l’uso o ridurre le imposte ai locali che eliminano le “mangiasoldi”
CANEPINA – Un milione novecento quarantamila euro: questa la stratosferica cifra che nel 2016 alcuni canepinesi hanno letteralmente gettato nelle slot machine. Come dire che ogni abitante del paese ha infilato nell’orifizio delle insaziabili macchinette mangiasoldi seicento trentaquattro euro in un solo anno. Circa un terzo in più dell’assegno sociale percepito da centinaia di canepinesi. Se poi si tiene conto del fatto che i giocatori compulsivi sono solo alcune decine, si deduce che ognuno di loro ha vaporizzato svariate migliaia di euro. Così com’è ragionevolmente presumibile che in un certo numero di casi, per avere tutti quei soldi a disposizione, si è indebitato. Sicuramente sono stati sottratti alla famiglia, ai figli, al lavoro. Il fenomeno era conosciuto da tutti o quasi, come si dice: “Il paese è piccolo, la gente mormora”. Ma era difficile se non impossibile immaginare che avesse assunto tali dimensioni.
Ora che il problema è deflagrato resta irrisolto il nodo fondamentale: che fare? Chi può farlo? E come farlo? La scienza ha catalogato il gioco d’azzardo patologico come una vera e propria malattia: la ludopatia o azzardopatia. Quindi costoro dovrebbero essere curati. Come? Non ci sono certo pillole, fiale o supposte che possono essere prescritte loro. L’unica terapia prescrivibile è psicologica e culturale. Ma per accedere a tale terapia c’è un prerequisito fondamentale: la volontà del “ludopatico” di volerne uscire. E qui la comunità è le istituzioni locali possono poco o quasi nulla. Possono invece le famiglie e gli amici che dovrebbero con grande pazienza svolgere un ruolo di convincimento. Senza disdegnare di ricorrere alle “maniere forti”. Ovviamente non si tratta di usare pugni e calci, anche se qualche volta verrebbe davvero voglia di farlo. Per “maniere forti” s’intende mettere il “ludopatico” con fermezza e grande rigore davanti alle proprie responsabilità. Fargli capire che il suo comportamento oltre che spregevole è da coglioni. Alzi la mano qual giocatore d’azzardo che può affermare da aver vinto alle slot.
Qualcosa può essere invece fatto dall’Amministrazione Comunale e dai gestori dei locali in cui sono allestite le macchinette “mangiasoldi”. Il comune di Torino, ad esempio, aveva emesso un’ordinanza di limitazione dell’uso delle slot machine. Contro tale ordinanza alcune sale da gioco presentarono ricorso, ma il Tar ha dato ragione al Comune, ripristinando le limitazioni imposte. Secondo i giudici, infatti, l’ordinanza del Comune di Torino è legittima anche perché “la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo più volte di affermare la più elevata pericolosità, ai fini del rischio di determinare forme di dipendenza patologica, di slot e vlt”. Non solo, ma il fenomeno della ludopatia è cresciuto molto negli ultimi anni, tanto che i giudici citano i dati delle Asl da cui emerge l’incremento di persone in cura per patologie legate al gioco d’azzardo. Circostanze che giustificano, secondo il collegio, l’adozione da parte dei comuni di misure per contrastare un fenomeno in espansione.
Ci sono anche esempi virtuosi in provincia di Viterbo. Alcuni comuni, ad esempio, hanno aderito alla campagna “No slot”. I bar senza i terrificanti marchingegni usufruiscono di uno sconto sulla tassa per l’occupazione del suolo pubblico e sulle altre imposte comunale. Nei locali aderenti è stato applicato il sigillo di qualità, sotto forma di adesivo con la scritta “No slot” applicato sulla vetrina, che contraddistingue gli esercizi pubblici che hanno scelto di non avere “mangiasoldi”.
Infine, va sottolineato che non poche società che gestiscono le slot sono al centro di indagini della magistratura per truffe di vario genere.
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