Canepinesi noti, meno noti, comunque da ricordare
«Johannes Baptista de Canapina»
Visse nel 1100, è il primo a essere citato in un documento
CANEPINA – Di lui non si sa, né mai si saprà, quando nacque né che mestiere facesse. Tanto meno è dato sapere se fosse sposato, se avesse figli e quanti fossero. Si conosce solo il nome, Johannes Baptista (Giovanni Battista), il luogo di residenza, il Castro Canapine, e l’epoca in cui visse: a cavallo tra la prima e la seconda metà del 1100. É lui il primo abitante di Canepina di cui, finora, si è trovata memoria. Compare come testimone in un atto di compravendita datato 6 giugno 1171. Atto rogato a Viterbo da Johannes da Casamala giudice e notaio dei Viterbesi (Casamala era un castello appartenente alla famiglia dei di Vico, sorgeva tra Capranica e Ronciglione, distrutto nel XIV secolo non fu mai ricostruito). Con quel contratto, Rolando di Oliviero da Viterbo, «per propria e spontanea volontà», vendeva a Pietro, priore e custode di Sant’Angelo in Spata, «una vigna con il suo passaggio d’entrata e quello d’uscita, con tutte le sue pertinenze, posto nel territorio di Viterbo, nella località Cavole». Johannes Baptista può essere quindi considerato una sorta di progenitore simbolico di tutti i canepinesi, almeno finché gli archivi non restituiranno qualche nome più datato del suo.
Nonostante la fugace citazione, il documento svela diverse notizie su Johannes Baptista de Canapina. Egli era sicuramente un uomo che godeva di una certa fede pubblica, giacché fu chiamato a fare da testimone in un atto riguardante una delle più antiche e importanti chiese di Viterbo, Sant’Angelo in Spata, appunto. Aveva delle conoscenze altolocate, come il notaio Johannes da Casamola, colui che tre anni più tardi, figurerà in un documento importantissimo per la storia della Tuscia e della stessa Canepina. Si tratta del diploma con il quale Cristiano di Magonza, cancelliere imperiale di Federico Barbarossa, confermò a Viterbo il dominio su alcuni castelli, tra i quali Canepina. L’arcivescovo Cristiano di Magonza definisce Johannes da Casamola e altre persone che di trovavano con lui a Foligno, deve fu redatto e firmato il diploma, nostri «familiares», cioè amici intimi. Inoltre, è probabile che Johannes Baptista sapesse leggere e scrivere poiché sull’atto di compravendita del 1171 è indicato il «loco signum testibus» (luogo delle firme dei testimoni).
E ancora, egli era certamente un uomo strettamente legato alla chiesa cattolica, altrimenti non avrebbe goduto dell’amicizia e della fiducia del priore della chiesa di Sant’Angelo in Spata, prospiciente al Palazzo dei Priori, sede già nel 1171 del comune di Viterbo, che lo volle come testimone per la compravendita della vigna. Probabilmente Johannes Baptista era anche benestante, come lasciano supporre le persone che frequentava. La pergamena, indirettamente, svela anche che era nato nel Castrum Canapine. Il notaio lo definisce infatti «de Canapina». Se egli fosse nato altrove e avesse successivamente trasferito la sua residenza a Canepina, come era in uso nel medioevo, avrebbe invece scritto «al presente abitante in Canepina».
Johannes Baptista compare sulla scena circa un secolo dopo la fondazione del Castrum Canapine, che più di uno storico fa risalire al 1058, ad opera dei di Vico. Quindi egli apparteneva alla quarta o quinta generazione di canepinesi, tenuto conto che la vita media all’epoca era assai più breve. Si può anche ragionevolmente presumere che la sua casa si trovasse nel primo nucleo del Castrum, quello che sorgeva tra via Castello, l’area dell’Ortaccio e la chiesa di San Giovenale, la prima del paese (forse coeva con la pieve di Santa Corona), oppure in uno dei primissimi borghi sorti all’esterno della fortificazione, che successivamente diventeranno via Risciolo, via Porta Piagge e via delle Conce. Casa che probabilmente era di legno, anche se è provato che a Canepina, alla fine del 1100, erano state edificate diverse abitazioni in muratura, altre gli edifici d’uso pubblico e la chiesa. Così come la fortificazione originale, fatta di palizzate, era stata almeno in larga parte sostituita con le mura castellane.
Johannes Baptista, come quasi tutti nel medioevo, era indicato solo con il nome. L’uso del cognome, sparito dopo la caduta dell’Impero Romano, si stava facendo di nuovo strada, soprattutto a causa dell’incremento demografico di quell’epoca, che rendeva sempre più difficile individuare le persone con il solo nome. I cognomi erano in genere originato da una caratteristica delle persone, come il luogo di nascita, il mestiere, il colore dei capelli o, più semplicemente, il nome del padre (patronimico) e, più raramente, della madre (matronimico). Spesso era il soprannome a essere trasformato in cognome. Ad esempio, a Canepina, nei documenti successivi di alcuni decenni a quello in cui è citato Johannes Baptista, cominciano a comparire quelli che diventeranno i cognomi: Falorgna del fu Jacopo; Muzio di Rainero; Gianni Cata; Pietro di Angelo; Cotta di Francesco, Pietro di Giuseppe, Tuccio Pesciarolo, Biagio Tessitore.
L’atto in cui è citato Johannes de Canapina è conservato nella Biblioteca degli Ardenti di Viterbo: Pergamena numero 979 – Fondo della Canonica di Sant’Angelo in Spata.
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