Centosessantatré anni fa l’arrivo delle suore a Canepina
Furono accompagnate personalmente dalla fondatrice del Preziosissimo Sangue, Santa Maria De Mattias, il 9 novembre 1857, la loro prima casa si trovava in via Vallerio numero 76
PRIMA PARTE
CANEPINA – «… Il 9 novembre 1857, la veneranda Fondatrice, conducendo seco quattro suore, fu trionfalmente accolta in Canepina dalle Autorità e dalla popolazione…». Così nell’archivio della Congregazione delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Cristo, a Roma, è ricordato l’arrivo in paese di Maria De Mattias, proclamata santa nel 2003 da Papa Giovanni Paolo II, e delle sue consorelle. Nata il 4 febbraio 1805 a Vallecorsa (Frosinone), benché la sua famiglia fosse poverissima e avesse imparato da sola a leggere e scrivere, nel 1934, a soli 29 anni, fondò la «sua» Congregazione. Lo scopo principale era: affrancare le giovani donne dall’analfabetismo, dall’ignoranza e dalla subalternità cui erano costrette. E lo voleva fare attraverso la scuola e l’istruzione. Ella, per dirla con il linguaggio attuale, potrebbe essere considerata un’antesignana delle «femministe». E non si limitò a perseguire il sogno di riformare la società attraverso la scuola, ma catechizzò mamme e giovani donne a un’esistenza cristianocentrica.
Sono quindi trascorsi 163 anni da quando, su invito di don Giacomo Anguillara, ultimo rampollo dell’antica famiglia, arciprete – parroco della canonica di Santa Maria Assunta, le suore del Preziosissimo Sangue aprirono la loro prima casa a Canepina. «Era sita – svelano i documenti – in una modesta sede, di proprietà privata, al pianoterra, in via Vallerio 76, per poi passare, dopo pochi anni, in un’altra casa più comoda, sulla stessa via, al numero 60. Quivi rimasero fino al 1873, quando dal Comune fu assegnata alle suore una parte del convento del Carmine». Una sistemazione, quest’ultima, che sebbene fosse scaturita dalla soppressione del convento dei frati, dalla cacciata dei carmelitani e dal conseguente esproprio dei beni ecclesiastici da parte del Regno d’Italia («leggi eversive» le ribattezzarono i clericali), è ricordata con un certo entusiasmo nei documenti delle Congregazione: «Le suore ebbero ampi e magnifici locali a volta sia delle scuole, che dell’abitazione e della Cappella». L’altra metà dell’ex concento fu trasformata in caserma dei carabinieri. Il chiostro fu diviso in due con un muro. L’unica parte in comune rimase la cisterna dell’acqua. I carabinieri coprirono la pavimentazione della loro parte di chiostro con qualche decina di centimetri di terra e lo trasformarono in orto.
La situazione restò tranquilla per 40 anni, durante i quali furono aumentate le classi di scuola elementare e della scuola di lavoro, in primo luogo il cucito e il ricamo. Ovviamente le suore si occupavano assiduamente anche dell’assistenza alle associazioni parrocchiali esistenti e, nel 1881, con il loro contributo determinante furono fondate le «Figlie di Maria», una nuova associazione cui aderirono oltre 250 donne di tutte le età.
Le suore del Preziosissimo Sangue erano diventate una componente essenziale della Canepina di fine Ottocento. Ma come sempre, il «veleno» si nasconde nella coda. Così tre anni prima della fine del secolo, nel 1897, il sindaco dell’epoca, accusò una suora insegnante di scarso «rendimento scolastico» e chiese la sua sostituzione alla casa madre. Richiesta che non fu soddisfatta poiché la suora in questione era considerata dalle superiori una delle migliori maestre della Congregazione. Il sindaco decise allora di «licenziare in tronco» le suore, «sfrattandole» dalla casa e rompendo unilateralmente la convenzione per l’insegnamento.
Seguirono giornate furibonde, con la gente in piazza che protestava contro la decisione del sindaco, tanto che furono inviati a Canepina alcuni carabinieri reali in rinforzo di quelli presenti in paese. Ma il primo cittadino non desistette dal suo intento. E lo mantenne anche dopo un’affollata manifestazione a favore delle suore che si svolse sotto il palazzo comunale, cui parteciparono centinaia di persone. Infine, anche per evitare disordini, le suore lasciarono Canepina.
A quel punto, però, restava da risolvere il problema delle scuole, rimaste senza insegnanti. Il sindaco propose allora di assegnare l’incarico a delle maestre laiche, ma non appena la notizia si diffuse iniziarono nuove proteste di piazza, «per reclamare il ristabilimento delle suore». Per dare il segno di quanto la situazione fosse tesa e rischiasse di sfociare in azioni non proprio pacifiche, le forze dell’ordine la definirono «… non scevra di seri pericoli per il sindaco» e consigliavano allo stesso di «… cedere, promettendo l’arrivo delle suore».
Il sindaco si rivolse così a Emidio Moscatelli, allora diacono (che successivamente rivestirà la carica di arciprete–parroco dal 1901 al 1967) affinché individuasse una Congregazione monastica disposta a mandare alcune suore a Canepina. Ma gli pose una condizione irrinunciabile: «… tutte tranne quelle del Preziosissimo Sangue». Moscatelli, che stava per essere ordinato sacerdote, dapprima pensò di rinunciare all’incarico, perché egli stesso che sua madre erano stati allievi delle suore condotte a Canepina da Maria De Mattias. Infine, però, accettò e si rivolse alle suore Pallottine, che inviarono in paese cinque suore, ma solo due abilitate all’insegnamento. Benché in numero insufficiente, restarono a Canepina fino al 1908, quando a causa della carenza delle vocazioni furono richiamate a Roma.
Nel frattempo, in paese le classi elementari erano pressoché raddoppiate. Don Moscatelli si rivolse alle suore di Sant’Anna della Provvidenza, che accettarono e rimasero fino al 1916, quando furono inviate negli ospedali da campo della Prima Guerra Mondiale. Per Canepina fu un duro colpo poiché nel 1912 era stato istituito anche l’Ente Asilo, c’era quindi bisogno di almeno cinque suore abilitate all’insegnamento per non far rimanere circa 300 bambini senza insegnamento. Accadde allora che alcune decine di suore della Congregazione delle Missionarie Francescane del Sacro Cuore, presenti quasi esclusivamente in Friuli, furono ospitate a Roma come profughe dopo la battaglia di Caporetto. Informato della situazione, don Moscatelli offrì a cinque di loro di trasferirsi a Canepina, dove restarono fino al 1921, epoca in cui poterono rientrare nei loro istituti in Friuli, abbandonati a causa della Guerra.
Il paese era così rimasto di nuovo senza suore e senza insegnanti delle elementari e dell’asilo. Fu ancora una volta l’arciprete Moscatelli a dover trovare una soluzione. Decise allora di provare a far tornare a Canepina le suore del Preziosissimo Sangue, cacciate dal sindaco 25 anni prima. In un primo momento la superiora generale, suor Latina Cortese, declinò l’invito del sacerdote. Ma l’insistenza di quest’ultimo, sostenuta dai responsabili dell’Ente Asilo, che si recarono a Roma per spiegare alla religiosa che le condizioni del 1897 non si sarebbero più ripetute, acconsentì a inviare cinque suore. Il loro arrivo avvenne il 26 settembre 1922, «accolte dal tripudio della popolazione», raccontano le cronache. Infine, un’annotazione a margine dei documenti che suona un po’ da monito: «… Significante contrasto! Mentre esse tornavano nuovamente benedette a Canepina, il sindaco del 1897, fuggiasco, era già morto fuori dal suo paese». Da notare che nei documenti della Congregazione il nome di quel sindaco non è mai indicato.
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