Canepinesi noti, nome noti, comunque da ricordare
Canepinesi noti, meno noti, comunque da ricordare
Le sorelle Blancorum et Jacobam Transanelli
le prime donne di Canepina di cui si conosce il nome
Sono le prime donne di Canepina di cui si conosce il nome, vissero nel 1300, erano sorelle
CANEPINA – «In omnibus autem aliis bonis mobilibus et immobilibus, iuribus et actinibus Blancorum et Iacobam, eius sorores, equali portione heredes universals sibi instituit religuit». (… per tutti i suoi beni mobili e immobili, con diritti ed azioni ha istituito e lasciato le sue sorelle, Bianca e Icopa, eredi universali in ugual misura…). È un passo del testamento di Tuccio Transanelli di Canepina, rogato il 23 dicembre 1348 da Domenico di Stefano Angeli «notaio e giudice ordinario di Canepina per autorità imperiale e del prefetto del’Alma Urbe [1]», nel quale sono indicati i nomi delle prime due donne canepinesi, Bianca e Iacopa appunto, di cui, finora, sì è trovata traccia in un documento ufficiale [2]. Le donne del Medioevo compaiono raramente in atti medievali giacché non potevano ricoprire cariche pubbliche (non potevano nemmeno parlare in pubblico) ed erano totalmente sottoposte alle volontà dei padri e dei mariti. Gli stessi contratti di matrimonio erano pattuiti e sottoscritti dal padre della sposa. A volte all’insaputa delle dirette interessate. Un’usanza che, con modalità diverse, è proseguita per vari secoli. A partire dall’anno Mille, le donne povere conducevano sempre la stessa grama esistenza. Potevano uscire di casa solo per recarsi al lavoro nei campi o per assistere alle funzioni religiose, accompagnate dalle madri. La loro esistenza era anche pesantemente condizionata dalla superstizione e dall’ignoranza. Almeno in questo erano accomunate agli uomini.
Bianca e Iacopa, con tutta probabilità, erano nubili o vedove. Se fossero state sposate, infatti, il notaio avrebbe certamente indicato nell’atto anche i nomi dei relativi mariti. Era invece sicuramente celibe il loro fratello Tuccio; nel suo testamento non compaiono né il nome della moglie né quello di eventuali figli, cui avrebbe dovuto lasciare in forza di legge almeno una parte del suo patrimonio. In linea teorica non si può escludere che egli sia stato sposato e abbia avuto dei figli, ma al momento di fare testamento né l’una né gli altri sarebbero stati più in vita.
Le prime due donne di Canepina di cui si conosce il nome furono anche nominate da Tuccio esecutrici testamentarie. «… dictas Blancam et Iacobam suas et presentis testamenti executrices…». (… ha istituito le citate Bianca e Iacopa esecutrici sue e del presente testamento…). E di cose da eseguire le sorelle Transanelli ne avevano molte per soddisfare le ultime volontà del fratello. L’uomo, «infermo nel corpo, ma sano di mente e di coscienza sincera, temendo il pericolo della morte che verrà» pensò prima di tutto «alla sua anima», elargendo alcune discrete cifre a favore della chiesa. A cominciare dal vescovo di Orte, il «reverendo padre e signore Niccolò», al quale andarono «due soldi perperi [3]».
Da questo punto in poi, il testamento di Tuccio Transanelli diventa una vera e propria miniera di importanti notizie sulla storia di Canepina. Egli, infatti, «… ha lasciato alla chiesa di Santa Maria di Canepina, presso cui ha scelto di venir sepolto, soldi venti …». L’atto svela così che in paese c’era una chiesa dedicata a Santa Maria almeno un secolo e mezzo prima della costruzione dell’attuale Collegiata, dedicata appunto a Santa Maria Assunta, edificata tra la fine del 1400 e i primi due decenni del 1500. Ad oggi, non è stato possibile accertare se sia stata edificata nello stesso luogo in cui si trovava la precedente chiesa. Il testamento, tra l’altro, svela che nella prima Santa Maria c’erano delle tombe, tanto che Tuccio Transenelli chiese di esservi sepolto. Non è certo se fossero interne alla chiesa o esterne. Cioè se vi fosse un cimitero nel terreno attiguo con qualche grotta in cui tumulare le salme. Alla stessa Santa Maria «ha lasciato cinque soldi per la riparazione». Nel testamento non è indicato di quale tipo di riparazione avesse bisogno, ma lascia supporre che l’edificio fosse in uso da diversi anni, visto che aveva bisogno di ristrutturazioni.
E ancora, il testatore «ha lasciato per la sua anima soldi cinque per la riparazione della chiesa di Santa Corona». Quindi, nel 1348 la pieve dedicata alla patrona di Canepina era già vecchia e aveva bisogno di ristrutturazioni. Una circostanza, quest’ultima, che ribadisce l’antichità della chiesa e potrebbe indirettamente avvalorare quanto sostenuto da alcuni studiosi, secondo i quali il troncone dell’abside di Santa Corona, sul quale è stato edificato quella attuale (purtroppo deturpata brutalmente da un’orribile scalinata in cemento) potrebbe essere d’origine tardo longobarda, cioè del IX secolo. Se l’ipotesi trovasse conferma in uno studio sistematico di tipo documentale e archeologico, la pieve di Santa Corona sarebbe stata edificata prima ancora della fondazione del Castrum Canapine. Quindi sarebbe di molto antecedente a San Giovenale, edificata tra il 1100 e il 1200, distrutta dal bombardamento del 5 giugno 1944.
Infine, Tuccio Transanelli «… ha lasciato soldi cinque per l’aiuto da dare all’ospedale della Disciplina di Canepina». Quindi, in quel periodo, l’ospedale del paese era gestito dalla Confraternita (o Compagnia) della Disciplina o dei Disciplinati, conosciuta in alcuni centri della Tuscia anche con il nome di Battuti o della Frusta, come a Vasanello e Barbarano Romano, per l’usanza degli adepti di flagellarsi per penitenza durante le processioni. Il loro patrono era San Sebastiano e la sede dei confratelli era in genere un oratorio o una chiesa a lui dedicata. La scelta di San Sebastiano come patrono derivava dalle torture fisiche da lui subite durante il martirio. In un atto successivo di un secolo e mezzo al testamento di Tuccio Transanelli, la chiesa attigua dell’ospedale di Canepina è chiamata «San Sebastiano de’ Disciplinati».
Infine, l’atto svela alcuni nomi e cognomi di canepinesi del XIV secolo. Quelli dei testimoni convocati dal notaio e da Tuccio Transanelli: Crescenzo Cole, Fabulone Petroni, Iacopo Paolini, Iacopo di Gianni Scutta, Angelo Marci, Pietro di Pietro Citti e Pietro di Marco Sceti.
Sul retro del testamento di Tuccio Transanelli, undici anni più tardi, esattamente il 18 dicembre 1359, un altro notaio, «Giovanni del dottor Bono di Canepina, giudice ordinario e notaio per autorità del prefetto dell’Alma Urbe» attesta che le sorelle del testatore Bianca e Iacopa, «hanno eseguito fedelmente, parola per parola, secondo il mandato ricevuto, le volontà del loro fratello [4]». Chissà se due maschi, al posto loro, avrebbero fatto altrettanto?
- [1] Roma – Città Eterna.
- [2] Pergamena numero 2194 del Fondo Sant’Angelo in Spata, Biblioteca degli Ardenti di Viterbo.
- [3] Il perpero derivava da una valuta coniata nell’Impero di Bisanzio tra la fine del 1100 e la seconda metà del 1300.
- [4] Retro pergamena numero 2194, del Fondo Sant’Angelo in Spata, Biblioteca degli Ardenti di Viterbo.
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