Quando a Canepina erano attive otto confraternite
Furono accorpate nel 1924 in un nuovo ente chiamato Congregazione di Carità e loro beni vennero destinati al mantenimento dell’asilo infantile e all’assistenza dei vecchi soli e poveri
CANEPINA – Quando, il 15 giugno 1924, il governo fascista dette esecuzione a un vecchio regio decreto, datato 1° aprile 1909, che imponeva in ogni comune d’Italia l’accorpamento di tutte le confraternite (o compagnie) in una nuova entità chiamata Congregazione di Carità, quelle attive a Canepina erano otto: Gonfalone, Sacramento, Misericordia, Donne del Pianto, Purgatorio, Concezione, Rosario e Santissima Annunziata. Alcune di esse erano antichissime, altre più recenti. Quasi tutte erano dotate di «rendite» più o meno cospicue, derivanti da donazioni fatte dai canepinesi nel corso dei secoli. La loro rendita complessiva nell’atto dell’accorpamento ammontava a 8.400,4 lire nette l’anno, da cui erano stati già detratti i cosiddetti «pesi fondiari» (un’imposta dovuta dal proprietario dei terreni di coltivazione, tanto se producevano effettivamente un reddito, quanto se fossero stati suscettibili di produrlo), le tasse erariali nonché 922 lire per le spese di culto. Queste ultime erano essenzialmente destinate al mantenimento e alla manutenzione delle chiese o alle cappelle in cui avevano sede le varie confraternite, all’acquisto delle candele, vesti eccetera. Le rendite lorde delle otto confraternite erano di poco inferiori a 12.500 lire annue. Una cifra non trascurabile per l’epoca, tanto che una famosissima canzone del 1939 (cioè 15 anni dopo) recitava: «Se potessi avere mille lire al mese…».
Dopo l’accorpamento nella Congregazione di Carità, le confraternite potevano continuare a perseguire gli scopi per cui erano sorte, ma dovevano farlo a spese dei confratelli o con le offerte dei fedeli, senza poter più fare conto sulle entrate dei terreni, delle case, delle stalle, e quant’altro avevano accumulato con eredità o altri tipi di lasciti. Dal quel momento, infatti, le loro entrate furono destinate per due terzi all’asilo infantile (6.476,75 lire nette l’anno) e per un terzo al mantenimento di un ricovero e la refezione per gli anziani soli o inabili (1.923,65 lire nette l’anno). L’asilo infantile, trasformato in ente morale, dovette munirsi di un proprio statuto che ne stabiliva gli scopi e il regolamento. Quello approvato a Canepina, molto simile a quelli adottati un po’ in tutto l’ex Stato Pontificio, all’articolo 2 stabiliva: «… l’asilo ha lo scopo di raccogliere e custodire gratuitamente nei giorni feriali i bambini poveri di ambo i sessi del Comune di Canepina dell’età da quattro ai sei anni, e di provvedere alla loro educazione fisica, morale e intellettuale…». Il comma successivo sanciva: «…rimanendo posti disponibili dopo l’ammissione dei poveri possono essere ammessi anche i bambini non poveri, verso il pagamento di una retta da stabilirsi dalla Congregazione di Carità». Interessante l’articolo quattro: «Non sono accolti i bambini non vaccinati, o che non abbiano sofferto il vaiolo e quelli affetti da malattie contagiose». Una necessità, l’obbligo dei vaccini, che tutti avevano capito già un secolo fa. Alla faccia dei «no vax», i «negazionisti», i «terrapiattisti», i «complottisti» che con le loro nefandezze ammorbano l’umanità.
Le confraternite formate da laici nascono nel corso del XII secolo (1.100), nel pieno dell’epoca comunale in Italia. Già allora i componenti si ritrovavano (come avviene ancor oggi) in una chiesa, in una cappella o un oratorio sotto la guida di un «Maestro della Confraternita» e comunque di un sacerdote diocesano. I confratelli avevano e hanno in primo luogo il compito di assistere gli infermi, di assicurare i funerali ai morti poveri, di provvedere alla carità verso i bisognosi e gli stranieri, di raccogliere somme da destinare alle elemosine per gli orfani o di provvedere alla dote delle ragazze prive di possibilità economica, all’epoca chiamata «dote per le zitelle». Molto importante era anche l’assistenza religiosa ai condannati a morte e ai carcerati. Un’altra pratica diffusa nelle confraternite più ricche era quella di raccogliere fondi per riscattare le persone catturate durante le incursioni saracene e portate in Africa come schiavi.
La Confraternita del Gonfalone fu fondata nella seconda metà del 1200 e ottenne il riconoscimento formale da parte di Papa Clemente IV nel 1267, il pontefice che morì e fu sepolto a Viterbo. Nessun documento finora conosciuto svela l’anno esatto della fondazione del sodalizio a Canepina. È però ragionevolmente presumibile che sia avvenuta alla fine del 1200 e nei primi anni del 1300. È altrettanto probabile che fosse la prima Confraternita costituita in paese, poiché ha avuto sede per secoli nella chiesa di San Giovenale, la più antica di Canepina. Era indicata anche come «Compagnia Nera» dal colore della veste che indossavano i suoi membri. Ha continuato ad operare fino al primo Dopoguerra. Anche se non è stata mai formalmente sciolta, sì è progressivamente «estinta» con l’avanzare della secolarizzazione della società. Probabilmente era anche la più «ricca» del paese poiché possedeva un cospicuo numero di terreni, case e altri immobili. È per questo che San Giovenale ha ricevuto nei secoli più interventi di manutenzione e di «ammodernamento» tra le chiese gestite dalle altre compagnie.
Incerta è anche la data di nascita della Confraternita della Misericordia a Canepina, fondata a Firenze nel 1244 e diffusa nel giro di pochi decenni in tutta Italia e nell’intera Europa. La testimonianza più antica, tra quelle finora individuate, della sua presenza in paese è contenuta in un documento conservato nell’Archivio Storico Comunale: «La chiesa dedicata a San Michele Arcangelo – svela – è posta entro questa terra di Canepina sulla piazza detta Ponte Sant’Angelo, in poca lontananza dalla piazza comunale, ed intersecata da due strade l’una della via Nuova, l’altra del Donazzano, fu edificata l’anno 1563». Dopo aver descritto la chiesa, gli altari e le campane poste sul campanile, il documento aggiunge: «Il ius patronatus della detta Chiesa è della V. Compagnia della Misericordia; non si conosce però se questa confraternita abbia avuto origine nell’epoca medesima in cui fu eretta la Chiesa; solamente costa dalle pergamene esistenti nell’archivio di essa Compagnia, che sotto Paolo V, l’anno secondo del suo pontificato, cioè il 27 marzo 1555, fu questa aggregata all’Archi Confraternita di San Marcello in Roma, e questa aggregazione fu confermata con altra Bolla di Gregorio XIII il 30 agosto 1585». Quindi, la Confraternita era operativa a Canepina diversi anni prima della costruzione della Chiesa di San Michele Arcangelo, cioè il 1563. Era chiamata comunemente «Compagnia azzurra», poiché i suoi confratelli indossavano durante le processioni e le funzioni liturgiche una veste di tale colore.
Tra la fine del 1500 e i primissimi anni del 1600, fu costituita a Canepina la Confraternita del Santissimo Sacramento che, a partire dal 1616 e per circa quattro secoli successivi ha avuto sede nella chiesa di San Pietro (il cui nome intero è dei Santi Apostoli Pietro e Paolo). Di quest’ultima, presso l’Archivio Storico del Comune di Canepina e dell’Archivio di Stato di Viterbo, è disponibile un’ampia documentazione. «Questa [la Confraternita] fu istituita dal Reverendo Religioso padre Francesco Tommaso Stella Predicatore egregio del Sacro Ordine dei Domenicani anteriormente all’anno 1607, non sapendosi precisamente l’anno, sotto l’invocazione del Santissimo Sacramento, in quanto poi all’approvazione dell’Ordinario non se ne ha alcuna memoria…». Quindi, a Canepina non può che essere stata costituita successivamente a tale anno.Tra i compiti stabiliti dallo statuto c’era quello di «associare i cadaveri» nonché di «… consegnare il Santissimo Sacramento del Corpo di Cristo a casa degli infermi». Lo statuto precisa anche che «L’abito indossato dai confratri e composto di un sacco di color rosso, e di un rocchetto bianco sfilettato di rosso, non che dello stemma in cui vi è dipinto il sacro Ostensorio, insegna della Compagnia». Da qui il nome popolare di «Compagnia rossa». Anche quest’ultima ha operato fino al primo Dopoguerra.
Almeno fino al 1532 in paese c’era anche la Confraternita di Santa Caterina. Come tutte le altre possedeva dei beni, come dimostra un atto notarile datato 28 giugno 1532, con il quale i responsabili della Compagnia vendono un pezzo di «…terre silvate situm in tenimento Canapine in contrata Formonis…» al fine di far realizzare una scultura di Santa Caterina dal «magistro Antonio ispano sculptore». Aveva sede nella chiesa Collegiata di Santa Maria Assunta, dove gestiva uno degli altari laterali. Nella stessa chiesa operava la «Veneranda Compagnia delle Donne del Pianto. Di entrambe si perdono le tracce nei primi due decenni del 1800.
Delle restanti quattro, «Purgatorio», «Concezione», «Rosario» e «Santissima Annunziata», che si radunavano nelle numerose chiese di Canepina, non si hanno altre notizie. Delle due cose una: o hanno operato per periodi relativamente brevi, oppure i documenti che le riguardano sono ancora sepolti in qualche polveroso archivio. È probabile che nel corso dei secoli alcune confraternite siano state sciolte e ricostituite con un altro nome. Anche il colore delle loro vesti è stato, almeno in qualche caso, modificato.
Ma quante persone erano coinvolte nell’attività delle confraternite a Canepina? Pur mancando una vera e propria «anagrafe» è certo che una parte consistente della popolazione appartenesse a una di esse. In un libro intitolato «Le memorie dell’Anno Santo M.DC.LXXV celebrato da Papa Clemente X», che contiene un dettagliatissimo diario di quanto avvenne a Roma in occasione di quel Giubileo, sono citate una per una le varie compagnie di Canepina che si recarono a Roma: (pagina 235) «Lunedì à li 10 giugno 1675. Il Santissimo esposto per le quarant’ore correnti fu adorato ne la Chiesa de lo Spirito Santo de’ Napoletani. Entrarono per la Porta del Popolo tre compagnie … La terza Compagnia venne da Canepina con sacco rosso, lanternoni, trombe e lo stendardo e musica al Crocefisso; in numero gl’huomini 130 con 40 torce accese, e 120 donne con la loro croce indorata accompagnate da 7 zitelle con rocchetti e ghirlande e sottovesti. Incontrata, come aggregata, da li signori de la Compagnia del Rosario de la Minerva, & inviata poi à l’Ospizio de la Santissima Trinità, ove fu cibata e alloggiata per tre sere e vi lasciò in elemosina 70 scudi e due giulij…»; (pagina 252) «Sabbato a lì 30 novembre 1675, festa di Sant’Andrea Apostolo si celebrò primieramente in San Pietro in Vaticano, ove si espose la sua testa. Entrarono da Porta del Popolo tre compagnie … La terza venne da Canepina, con sacco bianco, lanternoni, trombe à lo stendardo de la Madonna Santissima del Gonfalone da una parte, e dell’Assunta dall’altra. Musica al Crocefisso, & à la Croce de le donne. In numero gl’huomini 140 con 66 torce accese, e donne 104. Ambedue furono incontrate e riceute da quella del Gonfalone e condotte à l’ospizio, cibate & alloggiate per tre sere. Lasciarono di donatione scudi70. Partirono tutte contente e benedette»; (pagina 437) «Domenica à li 8 Decembre 1675. La seconda de l’Avvento … Entrarono per la Porta del Popolo due compagnie … la seconda del Santissimo Crocefisso di Canepina, con sacco nero, lanternoni, trombe à lo Stendardo e musica al Crocefisso. In numero di huomini 179, con 42 torce accese, e donne 79 con la loro Croce e panno di lino in capo. Incontrata e ricevuta da quella del Santissimo Crocefisso in San Marcello … fu condotta à la chiesa e di lì all’ospizio, cibata & alloggiata per tre sere. Lasciò in donativo scudi 80. Partirono contente e benedette».
Furono quindi ben 759 i canepinesi (449 uomini e 310 donne) associati alle varie confraternite che si recarono a Roma per ricevere l’indulgenza plenaria in occasione dell’Anno Santo del 1675. Insieme a loro c’erano un numero imprecisato di preti e di frati. Inoltre, va tenuto conto che un discreto numero di canepinesi partecipò al Giubileo autonomamente. È quindi verosimile che furono almeno un migliaio coloro che per l’occasione si recarono a Roma, circa la metà della popolazione, che all’epoca superava di poco le duemila unità. Un vero e proprio «esodo», per di più avvenuto in condizioni tutt’altro che agevoli, visto che due dei tre pellegrinaggi delle confraternite sono avvenuti in inverno, a piedi, esposti alle intemperie e in condizioni igieniche quantomeno precarie.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.