Quindici canepinesi morti nelle guerre del ventennio
Oltre 250 tornarono mutilati, con gli arti congelati o malati gravemente
dalla Russia, dai campi di concentramento della Germania o dall’Africa
UNA STORIA AL GIORNO… TOGLIE IL VIRUS DI TORNO
CANEPINA – Circa la metà dei venti anni e nove mesi di regime fascista (24 ottobre 1922 – 25 luglio 1943) l’Italia li ha trascorsi in guerra. Compresi i venti mesi (settembre 1943 – aprile 1945) della guerra civile che vedeva contrapposti i partigiani ai tedeschi e ai repubblichini di Salò, gli ultimi epigoni di regine ormai esangue, arroccati nella ridicola Repubblica sociale italiana imposta da Adolf Hitler a uno stanco, depresso e malaticcio Benito Mussolini, la cui mascella diventava di giorno in giorno meno volitiva. Tra il 1935 e il 1945 non c’è stata famiglia italiana che non ha avuto qualcuno in questo o quel fronte. Ogni anno, in quasi tutte le case italiane, sono arrivate decine e decine di migliaia di messaggi che annunciavano la morte di un figlio, un marito, un padre. Un rito tragico che, ovviamente, non ha risparmiato Canepina.
Dal 1935, inizio della campagna d’invasione dell’Etiopia per conquistare un «posto al sole», al 25 aprile 1945, giorno della Liberazione, sono partiti per la guerra, in più contingenti, circa seicento canepinesi (nella Prima Guerra Mondiale furono complessivamente cinquecento). Dopo l’Africa Orientale c’è stata la guerra civile spagnola, alla quale hanno preso parte alcuni canepinesi: un po’ schierati con il generalissimo e fascistissimo Francisco Paulino Hermenegildo Teódulo Franco y Bahamonde, meglio conosciuto come Francisco Franco e anche come il Generalissimo de los Ejércitos oppure il Caudillo, e un po’ con i Repubblicani, cioè le truppe fedeli al governo legittimo, guidato dal Fronte Popolare, di ispirazione marxista. Guerra Civile che durò tre anni e si concluse con la sconfitta dei repubblicani e l’istaurazione della dittatura Franchista, che durerà fino al 1975. Subito dopo il fascismo avviò la campagna d’Africa Settentrionale. Poi, nel giugno 1940, la dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna al fianco della Germania nazista, che sancì l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. E ancora, nell’ottobre successivo, la campagna che avrebbe dovuto «rompere le reni alla Grecia» e che invece finì con le ossa rotte e la totale disfatta per l’esercito italiano. Tra luglio 1942 e marzo 1943 il fascismo trascinò l’Italia in un’altra catastrofe militare: l’invasione della Russia al fianco dei nazisti, che si concluse con il completo annientamento della cosiddetta Armir (Armata italiana in Russia).
Nemmeno la caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, pose fine alla guerra. Nonostante gli alleati fossero sbarcati in Sicilia e stessero risalendo l’Italia, Mussolini, liberato dai tedeschi dalla prigione-vacanza del Gran Sasso in cui era stato fatto rinchiudere dal Re Vittorio Emanuele III, accettò l’imposizione di Hitler di porsi a capo della Repubblica sociale italiana, costringendo di fatto l’Italia ad altri due anni di sanguinosa guerra. Di Guerra Civile. Il bilancio finale è da brividi: 194mila militari e 3.208 civili morti in combattimento o prigionia, cui vanno aggiunti i circa 3mila militari e 25mila civili uccisi dai bombardamenti aerei anglo-americani. Senza considerare gli incalcolabili danni materiali e morali inflitti al Paese.
Canepina, come tutti i comuni d’Italia pagò il suo tributo di morti, feriti e rovine alla guerra: i militari morti nei vari fronti furono 15 (un terzo rispetto a quelli della Prima Guerra Mondiale):
Roberto Corradini (tenente) Adorno Foglietta (sergente)
Romeo Bassanelli (soldato)
Giuseppe Corsi (soldato)
Angelo Cotini (soldato)
Bruno Fanelli (soldato)
Bianco Foglietta (soldato)
Alessandro Manini (soldato)
Angelo Moretti (soldato)
Graziano Pelliccioni (soldato)
Francesco Proietti (soldato)
Tommaso Raggi (caporal maggiore)
Angelo Santini (soldato)
Giuseppe Telli (soldato)
Dandolo Zappi (soldato)
I feriti e i mutilati furono oltre 250. Molti tornarono dalla steppa russa con gli arti congelati, altri si ammalarono durante la prigionia in Africa o nei campi di concentramento in Germania, qualcuno tornò mutilato dalla Grecia o dall’Albania. Tutti i militari morti avevano meno di 30 anni. Poi le 115 vittime causate dal bombardamento aereo del 5 giugno 1944. Durante la guerra di Liberazione, infine, fu ucciso dai fascisti Paolo Braccini, il comandante Verdi, canepinese, il professore universitario che guidò la brigata partigiana del Partito d’Azione. Nel primo Dopoguerra, i nomi dei caduti nella Seconda Guerra Mondiale furono aggiunti a quelli della Grande Guerra sul maestoso monumento di Giuseppe Mangionello.
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