Canepina, d’epoca Romana un tratto d’acquedotto
che alimentava i grandi giardini di Palazzo Farnese
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CANEPINA – Parte da Canepina, precisamente dalla località Posto Montagna, l’acquedotto che per alcuni secoli ha garantito grandi quantità d’acqua ai giardini del Palazzo Farnese di Caprarola, comunemente chiamato «Acqua Farnesiana». Un tratto della conduttura, quello che attraversa la località San Vito, risalirebbe addirittura all’epoca romana. Potrebbe quindi essere stato costruito tra milleduecento e millecinquecento anni prima dell’opera idraulica. Il Palazzo Farnese di Caprarola, una poderosa fortezza pentagonale, fu commissionato nel 1520 dal Cardinale Alessandro Farnese che, quattordici anni dopo, sarà eletto papa con il nome di Paolo III. I lavori del nucleo principale richiesero ben 55 anni, anche a causa dei costi elevatissimi. Le opere di contorno, le scuderie, i magazzini, i «giardini bassi» alle spalle del palazzo, i «giardini alti» intorno alla palazzina realizzata tra il 1584 e il 1586, dove il secondo presidente della Repubblica Italiana Luigi Einaudi amava passare le vacanze estive con la famiglia, furono ultimati nel 1618.
Gli acquedotti che rifornivano d’acqua Caprarola, in quegli anni in forte sviluppo grazie al cantiere del Palazzo Farnese, non erano sufficienti a soddisfare le esigenze, soprattutto in previsione del completamento dei due giardini. Non essendoci altre fonti disponibili ne furono trovate altre più a nord, nel confinante territorio di Canepina che, dopo l’inclusione nel Ducato di Castro, creato proprio da Paolo III, era diventato dominio dei Farnese. Individuata l’acqua, la costruzione del nuovo acquedotto iniziò nel 1564. Il si sviluppava per circa nove chilometri, prima verso ovest fino a lambire la Via Cimina, risalendo poi a nord in località San Vito. Quindi sempre verso nord fino alle sorgenti nell’area di Paru Paru e infine, con un tracciato complesso e in gran parte da ricostruire, arrivava al Posto Montagna. Lo scavo del condotto ebbe inizio nel 1564, ma alla luce dei documenti ad oggi disponibili, poco si sa sulle opere sotterranee, a parte l’accenno al «riutilizzo di un acquedotto di probabile epoca romana».
Attualmente, al Posto Montagna, nel territorio di Canepina, è ancora visibile il capofonte (il collettore in cui venivano raccolte le acque di più sorgenti) ed è esplorabile il condotto scavato nella roccia per circa 300 metri, nonché un successivo ingresso laterale, dall’aspetto monumentale. Le mura sono costruite in grossi blocchi di solido peperino con al centro un ingresso rivestito da un arco di blocchi sagomati. L’interno è formato da una galleria a pareti di tufi, larga poco più di 1 metro ed alta da 2,5 metri. In località Paru Paru c’è un ulteriore accesso al cunicolo scavato nella roccia. Il capofonte comprende un pozzo a pianta quadrata di circa 4×4 metri, rivestito in muratura. Esternamente si presenta come un casotto quadrato coperto da un tetto inclinato, in cemento armato, poiché la copertura originaria del 1600 fu distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale. All’interno si vede ancora la struttura muraria originaria, costituita da strati di tufi alternati a strati di mattoni. Una scala a gradini scende sul lato sinistro del pozzo, nel quale sbocca un cunicolo che permette di raggiungere il capofonte. Dal lato opposto, il cunicolo prosegue verso valle. Entrambi sono larghi 70 centimetri e alti fino a 1,80 metri. Nel tratto verso monte il cunicolo, dapprima rivestito in muratura e poi scavato nel tufo, prosegue diritto per circa 35 metri, quindi girà a destra verso valle. A monte, il cunicolo prosegue per alcune decine di metri fini a pozzo ostruito da una frana.
Nell’acquedotto, benché in gran parte abbandonato, scorre ancora una quantità significativa d’acqua, che viene per lo più disperda a causa di numerose rotture delle tubazioni inserite del Dopoguerra nei cunicoli, soprattutto nel territorio di Caprarola.
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