I quattro campanili che non svettano più su Canepina
Appartenevano alle chiese di San Giovenale, San Sebastiano
San Michele Arcangelo, San Giovanni in Cornienta
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CANEPINA – Sono quattro i campanili che non svettano più su Canepina, poco meno della metà di quanti ce n’erano il 5 ottobre 1851, quando papa Gregorio XVI transitò nel territorio del paese, sostando alcune ore al Passo Montagna dove benedì la popolazione accorsa. Allora a Canepina c’erano ben tredici chiese più o meno grandi, più o meno antiche: Santa Corona, Madonna del Carmine (già Santa Maria del Fossitello), San Rocco (abbattuta per far posto a un discutibile palazzetto), San Michele Arcangelo, San Pietro, Santa Maria Assunta (la Collegiata), San Giovenale, San Giuseppe – Santa Maria delle Scalelle (restaurata dopo decenni di abbandono), Santa Maria in Porcignano (la cappella del cimitero), San Giovanni in Cornienta, San Sebastiano (oggi trasformata in teatro), Madonna delle Grazie e Sant’Amanzio. Tante, forse un piccolo record, per un comune che all’epoca aveva 2241 abitanti, 495 famiglie e 256 caseggiati.
I campanili «perduti» erano quelli delle chiese di San Giovenale, San Giovanni in Cornienta, San Sebastiano e San Michele Arcangelo. Quattro chiese erano (o sono) senza campanile: San Rocco, Santa Maria in Porcignano, Sant’Amanzio, la Madonna delle Grazie (che ha un piccolo campanile a vela nella parte posteriore). Altre cinque sono intatte come i relativi campanili: Santa Maria Assunta, Madonna del Carmine, Santa Corona, San Giuseppe, San Pietro. In quest’ultimo caso il campanile ha bisogno di urgentissimi interventi poiché è palesemente pericolante. Tra l’altro il campanile di San Pietro è uno dei più antichi di Canepina, come attesta l’iscrizione sul primo marcapiano datata 1426.
La chiesa e il campanile di San Giovenale sono stati rasi al suolo dal bombardamento del 4 giugno 1944, che provocò 113 vittime e centinaia di feriti, oltre a distruggere la parte più antica del paese. La prima versione della chiesa di san Giovenale, di dimensioni contenute, e il relativo campanile erano stati edificati nel corso del 1200. Tra la seconda metà del 1300 e l’inizio del 1400, l’aumento della popolazione e il conseguente sviluppo di altri borghi all’esterno delle mura del Castrum resero necessario costruire una nuova e più ampia chiesa, in quanto sullo sperone roccioso non c’era assolutamente spazio per ampliare la preesistente. Fu scelta l’area sottostante: il Casalino. Pur essendo quasi in contatto, tra le due chiese vi era un dislivello notevole, tanto che il tetto del nuovo fabbricato era all’altezza del pavimento della chiesa e del campanile precedenti. Da allora e fino alla metà del 1800, l’edificio che ospitava la chiesetta originaria fu utilizzato come casa canonica o locali di servizio ed era raggiungibile attraverso una grande scalinata attigua alla porta principale della nuova chiesa, mentre il vecchio campanile continuò a svolgere il suo ruolo.
La chiesa di San Giovanni in Cornienta, edificata nel corso del 1400, era situata nei pressi del cimitero. Era di medie dimensioni e, probabilmente, fu costruita perché in quel luogo, secondo la tradizione popolare, sarebbe avvenuto un miracolo. Alcune visite pastorali compiute dai vescovi di Orte e Civita Castellana alla fine del 1400 e per tutto il 1500 iniziavano proprio da San Giovanni In Cornienta, probabilmente perché all’epoca per arrivare a Canepina era necessario risalire lungo il fosso Rio Maggiore sul versante opposto all’attuale strada provinciale. L’ultima notizia che la chiesa di San Giovanni in Cornienta fosse officiata è del 1890. Dopodiché non viene più indicata nelle visite pastorali, almeno tra quelle scovate finora negli archivi. Nei primi anni del 1900 era stata definitivamente abbandonata come luogo di culto e, subito dopo, venduta ai privati come il terreno circostante. Iniziò cosi un lento e inesorabile declino che, nel giro di una ventina d’anni, provocò dapprima il crollo dei tetti della chiesa e del campanile, poi di tutto il resto, tanto che attualmente è impossibile individuare perfino i ruderi. L’unico segnale che rimane è un cipresso, peraltro cadente, che secondo gli anziani del paese, stava accanto alla porta d’ingresso.
La chiesa di San Michele Arcangelo, situata all’inizio di Via Donazzano, collegata all’attuale piazza Cavour da un ponte che aveva lo stesso nome, era la seconda parrocchia di Canepina, quella «povera», sia per numero di fedeli che per i beni che possedeva. Edificata nel corso del 1500, dopo la seconda espansione delle mura castellane necessaria a includere i nuovi borghi, tra i quali il Donazzano e il Vallerio, è stata officiata ininterrottamente fino al 1907, quando un incendio, divampato su un altare laterale, con tutta probabilità provocato dalle candele, distrusse il lato destro (quello verso via Donazzano) dell’edificio e fece crollare la volta del soffitto. La parrocchia fu trasferita nella chiesa del Carmine, quella «dei frati». Per anni il parroco don Alessandro Testa, tentò di ottenere i fondi per restaurare San Michele Arcangelo, ma non ci riuscì. Nel 1935, il podestà di Canepina, Giacomo Rem-picci, chiese l’intervento della Soprintendenza alle Belli Arti per il recupero della chiesa e, soprattutto, del campanile poiché erano pericolanti. Ma la risposta fu negativa: «non ci sono fondi a disposizione, quindi se l’immobile e pericolante, abbattetelo». E così avvenne. Al posto della chiesa di San Michele Arcangelo, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, fu costruito uno dei palazzi più brutti dell’intera provincia di Viterbo e non solo.
La chiesa di San Sebastiano, coeva di San Michele Arcangelo, aveva un campanile che non è mai stato abbattuto, ma incluso nel fabbricato, orrendo, costruito nella parte posteriore della chiesa, ora trasformata in teatro. San Sebastiano era la chiesa dell’ospedale di Canepina, che si trovava subito dopo la Porta aperta nel XIV secolo, sul lato destro. La data di edificazione dell’immobile che ha inglobato il campanile non è certa, ma dovrebbe essere avvenuta all’inizio del secolo scorso. L’unica fotografia disponibile del campanile di San Sebastiano, infatti, è stata scattata dal famoso fotografo inglese Thomas Ashby, nato nel 1874 e morto nel 1931. La sua ultima permanenza in Italia è stata nel 1924, quindi la fotografia, conservata nell’archivio della British Scholl at Rome, è sicuramente antecedente a quella data. Ancora oggi, guardando con attenzione San Sebastiano è possibile scorgere i finestroni e gli imbotti del campanile «affogati» nell’edificio.
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